A destra di chi guarda la grande entrata del Cimitero Monumentale al Verano, un breve viale carrozzabile porta al riquadro 5, area piuttosto ampia ove riposano i resti mortali di eroi, pittori, scultori, musicisti, politici, poeti, sindacalisti.
In quel punto si rimane attratti dal candore del marmo di un piccolo monumento sepolcrale, in cui la figura di una fanciulla sembra venire incontro all’ospite, calzando semplici sandali da mare e stringendo nella mano destra un grosso quaderno.
La lapide su cui poggiano i suoi piedi reca le parole:
RAFFAELLA LA CROCIERA/PICCOLA POETESSA DI ROMA/23-11-1940 = 2-11-54.
Alle spalle della statua, realizzata dallo scultore genovese Silvio Minaglia di S.Elia, sulla parete concava di marmo si legge: PREMIO DELLA BONTA’/1954.
Quelle parole, poetessa e bontà, non possono non suscitare meraviglia e curiosità insieme. Si può produrre vera poesia in un arco di tempo così breve come quello vissuto da Raffaella? Quale gesto importate e inconsueto avrà mai compiuto la fanciulla perché il Comune di Roma le donasse, per il riposo eterno, un lembo di terra di due metri quadrati e mezzo su un’area cimiteriale riservata soltanto a personaggi illustri, degni di imperituro ricordo? E come è possibile che una fanciulla appena quattordicenne abbia potuto e saputo manifestare in pieno tanta naturale bontà da meritare un premio particolarmente prestigioso?
Ciascuno di questi interrogativi ha una risposta, precisa e documentata. Basta tornare con la memoria a 42 anni fa esatti, ossia al 1954.
Sul finire dell’ottobre di quell’anno un violento nubifragio si abbattè sulla costiera salernitana, travolgendo ogni cosa e seminando ovunque dolore, fame, lacrime, miseria e morte.
La Rai dai suoi microfoni lanciò un disperato SOS e dette vita ad una pubblica sottoscrizione.
Le popolazioni colpite necessitavano di tutto, dagli indumenti ai viveri, dai medicinali alle coperte, al denaro. Alle centinaia e centinaia di vittime, provate dalle forze scatenate della natura, non rimaneva che la sola fede nella solidarietà umana.
L’appello radiofonico fece centro nel cuore generoso dei romani e in particolare in quello di Raffaella La Crociera, una fanciulla di Testaccio inchiodata da circa un anno nel suo lettino da un morbo che non perdona: il “lupus eritematoso cronico”.
Vane erano state fino allora le amorose cure dei professori Frugoni, Condorelli, Di Guglielmo, Martori, e altrettanto vana era risultata la speranza di un miracolo, implorato tra le lacrime da Raffaella stessa prostrata davanti all’immagine della Madonna nella sua casa di Loreto.
Di giorno in giorno la bambina si rendeva conto che la fine di tutto era ormai prossima. E ciò aumentava il suo rammarico di non avere nulla in modo assoluto da offrire ai bambini salernitani, privati improvvisamente sia degli affetti più cari, sia del necessario per sopravvivere.
Un’altra spina si aggiungeva alle tante della sofferenza.
Raffaella però aveva un dono molto raro e altrettanto dovizioso che da solo permette, a chi lo possiede, di far conoscere i propri sentimenti di gioia e di dolore. Raffaella aveva il dono di saper scrivere una buona poesia.
Fin dall’età di sei anni riempiva i suoi quaderni di versi, ora in lingua ora nel dialetto di Roma, ispirandosi alle piccole cose fatte di niente, agli avvenimenti di ogni giorno apparentemente privi di significato, forse un po’ ingenui ma sempre con qualche spunto nascosto di commozione, i1arità, meditazione.
Raffaella aveva il fiuto della buona scelta. La sua immaginazione spiccava il volo sulle candide ali verso il paese della fantasia più libera e colorita, nella piena consapevolezza che in quel paese la bontà, l’amore e l’innocenza si tengono sempre per mano. I versi della piccola poetessa romana sono belli perché spontanei.Che importa se a volte i canoni severi della metrica non sono rispettati a dovere ! il destino della fanciulla ha avuto fretta, troppa fretta. Quello che di Raffaella oggi rimane è la testimonianza del suo desiderio ardente di cercare senza sosta asilo in un mondo piccolo ma tutto suo, capace di ospitare la sua bontà, il suo candore, i suoi sorrisi, anche se velati di tanto in tanto dalla malinconia.
Per tutto questo l’appello radiofonico fece esplodere di altruismo l’animo di Raffaella che sentì il bisogno pressante di rendersi utile anche lei. Ma in quale modo? Con quali mezzi? L’immobilità forzata e dolorosa la costringeva a stare prigioniera nel suo lettino e la famiglia non aveva più nulla da togliersi. La malattia aveva assorbito ogni risorsa economica, ogni risparmio. Raffaella tuttavia non si arrese. Si sentì così forte nello spirito che per un momento superò ogni sofferenza fisica. Il suo volto si illuminò all’istante. Anche lei poteva disporre di qualcosa da offrire, di sua esclusiva proprietà. Si fece dare carta e penna e subito cominciò a scrivere press’a poco cosi: Cara RAI, sono molto malata. Da oltre un anno. I miei genitori hanno speso tutto quello che avevano per guarirmi. E io non ho nulla da offrirti per i bambini del Salernitano. Ti offro questa mia poesia
“er zinale”:
Giranno distratta pe casa,
tra tanta robba sfusa,
ha trovato: ah! come er tempo vola,
er zinale de scola.
Nero, sguarcito,
Un pò vecchio e rattoppato,
è rimasto l’amico der tempo passato.
Lo guarda e come se gnente fusse
a quell’occhioni
spunteno li lucciconi,
e se rivede studente
allegra e sbarazzina
tanto grande, ma bambina.
Lo guarda e come un’eco risente
quelle voci sommesse: Presente!
Li singhiozzi, li pianti,
li mormorii fra li banchi,
e senti…senti…
pure li suggerimenti.
Tutto rivede e fra quer che resta,
c’è la cara sora maestra.
Sospira l’ècchese studente, perché sa
che a scola sua non ce potrà riannà.
Lei cià artri Professori, poverina.
Lei cià li Professori de medicina.
Un grembiule di scuola. Un cofanetto custode delle gioie, delle ansie, delle piccole amarezze di un mondo ancora nell’abito dell’innocenza.
C’è tanto cuore nei versi di Raffaella, ma anche tanta tristezza in cui si annida un presentimento di morte.
Domenica 31 ottobre. Prime ore del pomeriggio. Dai microfoni della rubrica romana “Campo de Fiori” la voce del suo direttore Giovanni Gigliozzi raggiunse ogni angolo di Roma con i versi della poesia “er zinale” che fu messa subito all’asta, destinando il ricavato agli alluvionati salernitani. In poco tempo la sede di Roma della RAI fu tempestata di telefonate. Le offerte si moltiplicarono senza respiro fino al momento in cui dalla Svizzera la contessa Cenci-Bolognetti comunicò di offrire mezzo milione. La poesia fù aggiudicata a lei.
Un acquisto simbolico che fece piangere di commozione e di gioia la piccola Raffaella, rimasta sempre in ascolto, incredula magari di essere stata capace di aiutare con un atto di solidarietà, tutto suo, altre infelici vittime della mala sorte, anche se in forme diverse dalla sua. Di colpo, tutta la stampa nazionale ed estera dette ampio spazio all’episodio della fanciulla romana, poetessa in erba.
A lei fu promesso il dono di una bambola da un negoziante romano di giocattoli, Fausto Arnesano, perché le tenesse compagnia.
Ma, trascorsi neppure due giorni, la mattina del 2 novembre il professor Frugoni corse al capezzale della piccola inferma e le parlò paternamente, in ginocchio, accanto a lei. Parole di speranza, di pietose bugie. La malattia ebbe il sopravvento. Alle nove un angelo di nome Raffaella raggiungeva i giardini del Cielo.
Roma perdeva così Ia sua piccola poetessa, cui fu negata anche la gioia di stringere al petto la bambola tanto attesa, giunta su un cuscino di fiori bianchi soltanto poco prima che la bara iniziasse l’ultimo cammino fra due ali di popolo commosso fino alle lacrime.
Il 18 novembre la famiglia La Crociera riceveva, a firma del sen. Ugo Angelilli, Assessore alle Scuole del Comune di Roma, la seguente lettera: “Si prega vivamente di voler partecipare alla cerimonia per il Premio della Bontà “Livio Tempesta”. Si prega di accompagnare la sorellina dell’indimenticabile Raffaella”.
Così la mattina del 20 novembre a Marinella, la più piccola delle tre sorelle della fanciulla scomparsa, il Sindaco Salvatore Rebecchini consegnò il Premio della Bontà alla memoria di Raffaella La Crociera, piccola poetessa di Roma.
Due scuole, una a Roma e un’un’altra a Salerno, ricordano Raffaella, anche se il suo passaggio terreno è stato di breve durata.
II premio della Bontà ricorda un altro bambino, Livio Tempesta, deceduto il 7 gennaio 1951, dopo brevissima malattia, all’età di 9 anni.
Figlio dell’Ispettore Generale di Pubblica sicurezza, Livio frequentava la IV elementare dell’Istituto “Marcantonio Colonna”. Poco prima delle vacanze natalizie il maestro aveva invitato gli alunni a commentare un fatto di cronaca: un fanciullo era stato crudelmente ucciso dai suoi stessi compagni.
Livio rimase scosso dall’episodio e con infinita bontà non poté non compassionare la vittima. Espresse tutta la sua amarezza tracciando parole semplici, ma ricche di sentimento, su un foglio che rimase sul banco: “Perché ci sono bambini cattivi? I bambini devono essere tutti buoni come Gesù Bambino”.
Al ritorno dalle vacanze, trovato quel foglio, maestro e alunni ne valutarono il contenuto. Era senza ombra di dubbio il testamento spirituale di Livio. Pertanto ritennero opportuno trasmetterlo di anno in anno come messaggio di bontà.
Così nacque il Premio della Bontà, una bontà che serva di esempio e di incitamento, specialmente oggi che abbiamo bisogno di tanti Livio Tempesta e di tante Raffaella La Crociera.
GIULIANO MALIZIA
Ho letto questa pagina con tanta commozione, con le lacrime agli occhi…
Grazie infinite !!
yes