Raffaella ha l’arte di far parlare le creature inanimate. Che cosa potrà dire una bambola di stoffa? Eppure quel dolore d’una creatura che si sente rigettata perché brutta ci entra nell’anima e ci riporta alla vita brutta d’ogni giorno, dove ciò che è esterno è esageratamente e spesso brutalmente valorizzato. E quel “cuore di pezza” che ci “spezza” pel dolore, fa piangere davvero.
In un canto abbandonata
sta una bambola sperduta.
La padroncina ormai l’ha dimenticata,
perché un’altra più bella ne ha ricevuta.
Piange la bambola sola;
piange per la malinconia;
ella sa ormai, che verrà buttata via.
Calata è la sera; la casa è silenziosa;
la città dorme, tutto riposa.
Solo qualcosa si muove nell’ombra,
si muove nel buio; simile a quello di una tomba:
è la bambola. La bambola che singhiozza;
ella ha capito perché l’han lasciata: ella è di pezza;
triste rammenta i giorni beati e lontani
quando la bimba, al vederla, batteva le mani;
piange, la chiama, le chiede pietà,
la bimba dorme, non risponderà.
Ma ecco è la fine, un forte singhiozzo
le spezza il piccolo cuore di pezza.
(Roma, 11 maggio 1954)